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San Carlo Borromeo


Figlio di Gilberto II Borromeo e Margherita Medici di Marignano, sorella di papa Pio IV, Carlo Borromeo era il giovane rampollo della nobile e potente famiglia lombarda dei Borromeo. Nacque il 2 ottobre 1538, di venerdì, tra le 8 e le 9 di mattina, nella Rocca di Arona, nella stanza detta all'epoca "dei Tre Laghi" ed oggi detta "di san Carlo" in suo onore. Venne battezzato poco dopo nella chiesa parrocchiale di Arona.

Studiò a Milano materie umanistiche sotto la guida di frate Giacomo Merula e poi diritto canonico e civile a Pavia sotto la guida del futuro cardinale Francesco Alciato, dove si laureò in utroque iure il 6 dicembre 1559 e dove successivamente creò nel 1564 una struttura residenziale per studenti universitari di scarse condizioni economiche ma con elevati livelli di preparazione e attitudine allo studio; l'istituto prese da lui il nome di Almo Collegio Borromeo, oggi il più antico e prestigioso collegio storico di Pavia e tra i più antichi d'Italia.

A Milano ricevette l'abito clericale e la tonsura per mano del vescovo di Lodi, Giovanni Simonetta, il 13 ottobre 1547.


l 25 dicembre 1559 lo zio materno, Giovan Angelo Medici di Marignano, venne eletto papa con il nome di Pio IV e chiamò a Roma i suoi nipoti Federico e Carlo Borromeo per renderli suoi stretti collaboratori nell'amministrazione degli affari della chiesa. Il 13 gennaio 1560, Carlo Borromeo venne nominato protonotario apostolico partecipante e referendario della corte papale. Il 22 gennaio successivo venne ammesso quale membro della consulta per l'amministrazione dello Stato Pontificio entrando così nel pieno della gestione statale e "laica" dei possedimenti del papa. Dal 27 gennaio di quello stesso anno divenne anche abate commendatario di Nonantola, San Gallo di Moggio, Serravalle (o della Follina), Santo Stefano del Corno, una in Portogallo ed una nelle Fiandre.


San Carlo sfruttò la propria influenza come segretario di stato pontificio per riaprire il Concilio di Trento al quale prese parte direttamente nelle sessioni del 1562-1563, i cui decreti finali vennero confermati dal pontefice nel concistoro del 26 gennaio 1564. Durante queste ultime delicate fasi, il Borromeo intervenne direttamente perorando la causa cristiana nella visione della messa come vero e proprio sacrificio di Cristo riproposto ad ogni celebrazione, contrastando la visione protestante secondo la quale l'eucarestia sarebbe solo il ricordo dell'ultima cena. Sempre su impulso di san Carlo vennero approvati i decreti relativi agli ordini sacri ed all'istituzione dei seminari, giungendo a toccare temi importanti e molto sentiti all'epoca come il valore del matrimonio ed il celibato sacerdotale, pratica a cui il cardinale diede largo spazio personale.

San Carlo assiste lo zio Pio IV sul letto di morte

Intanto il 7 dicembre 1563 era stato consacrato vescovo nella Cappella Sistinaper mano del cardinale Giovanni Antonio Serbelloni, assistito da Tolomeo Gallio, arcivescovo di Manfredonia, e da Felice Tiranni. Poco dopo divenne presidente della commissione di teologi incaricati dal papa sul finire dell'anno di elaborare il Catechismus Romanus assieme a grandi personaggi della controriforma come San Pietro Canisio, San Turibio da Mogrovejo e San Roberto Bellarmino; lavorò nel contempo per la revisione del messale e del breviario nonché della musica da utilizzarsi durante la messa, supportando in quest'ultima ottica la carriera del milanese Orfeo Vecchi.


Dopo la morte dello zio papa, nel 1566, lasciata la corte pontificia, prese possesso dell'arcidiocesi di Milano, nella quale da circa ottant'anni mancava un arcivescovo residente e nella quale si era radicata una situazione di pesante degrado. Fu questa l'occasione per Carlo Borromeo di sperimentare le nuove norme del concilio di Trento e Milano si presentava ai suoi occhi un ottimo esempio per l'Italia ed il mondo intero: in breve tempo ristabilì la disciplina nel clero, negli ordini religiosi maschili e femminili, dedicandosi al rafforzamento della moralità dei sacerdoti e alla loro preparazione religiosa

Ingresso del seminario di corso Venezia a Milanofondato da san Carlo, sede ora non più in uso.

fondando, secondo le direttive del Concilio tridentino, i primi seminari: il seminario maggiore di Milano, il seminario elvetico e altri seminari minori. Per la sua opera riformatrice si servì anche dell'opera degli ordini religiosi (gesuiti, teatini, barnabiti), fondando la congregazione degli Oblati di Sant'Ambrogio (1578).

San Carlo Borromeo comunica un appestato, dipinto di Tanzio da Varallo.

Negli anni del suo episcopato, dal 1566 al 1584, si dedicò alla diocesi milanese costruendo, rinnovando e promuovendo chiese (tra le più rilevanti i santuari di dell'Addolorata a Rho, della Beata Vergine dei Miracoli di Corbetta, del Sacro Monte di Varese, oltre a San Fedele a Milano ed alla chiesa della Purificazione di Maria Vergine in Traffiume); si impegnò nelle visite pastorali; curò la stesura di norme importanti per il rinnovamento dei costumi ecclesiastici. Instancabile visitatore, la sua azione pastorale fu minuziosa e si apprestò a visitare anche i borghi più remoti della sua arcidiocesi, allargandosi anche all'istruzione del laicato con la fondazione di scuole e collegi (quello di Brera, affidato ai gesuiti, o il Borromeodi Pavia). Tra i suoi grandi meriti vi fu quello di obbligare i parroci delle parrocchie del milanese a tenere dei registri aggiornati e precisi circa i battesimi, i matrimoni e le morti dei fedeli, uno dei primissimi passi al mondo nel tentativo di stabilire i diretti antenati delle moderne anagrafi. Le riforme da lui promosse nell'arcidiocesi di Milano vennero raccolte nei cosiddetti Acta Ecclesiae Mediolanensis.

Processione di San Carlo col Santo Chiodo durante la peste

Si impegnò in opere assistenziali in occasione di una durissima carestia nel 1569-70 e, soprattutto nel periodo della terribile peste del 1576-1577, detta anche "peste di San Carlo". Assai noto è l'episodio della processione organizzata dal santo per chiedere l'intercessione affinché il morbo si placasse, fatta a piedi nudi, con in mano la reliquia del santo chiodo inserita in una croce lignea appositamente costruita. Incredibilmente, il morbo si placò e ciò fu interpretato da molti come una manifestazione della santità dell'arcivescovo.


Scampato alla peste, fu comunque indebolito in salute negli ultimi suoi anni e rimase in cura costante del suo medico personale Bartolomeo Assandri. Il 2 novembre 1584, l'arcivescovo Borromeo, febbricitante e di ritorno da una visita pastorale sul Lago Maggiore, tornò a Milano scendendo il Naviglio Grande, a bordo del famoso Barchett di Boffalora. Sostò quindi a Cassinetta di Lugagnano (dove una statua lo ricorda) e a Corsico, per riprendersi dalla febbre alta, in località Guardia di Sotto e qui venne eretta un'edicola in ricordo. Proseguì quindi il viaggio verso Milano, su di una lettiga. Nonostante il trasporto in barella, la febbre, sempre più alta, lo spense per sempre, all'età di soli 46 anni, la sera del 3 novembre 1584 a Milano; essendo spirato dopo il tramonto (precisamente alle 20.30), secondo l'uso del tempo venne considerato il giorno 4 come sua ricorrenza.



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